Conte: “La storia rimane solo per chi vince.
Il suo marchio di fabbrica non cambia mai. Sono cresciuto in mezzo a tutto questo. Non c’è nessuno che possa aiutarti a risolvere le difficoltà che incontrerai lungo il tuo percorso. Deve sapere che devi affrontare la situazione da solo e che non puoi contare su nessuno o su niente. In un’intervista che è ora disponibile sulla piattaforma digitale della Federcalcio, VivoAzzurroTV, il tecnico ha parlato di questo prima della firma del contratto con il club di Aurelio De Laurentiis. In questa intervista, il tecnico ha descritto il suo percorso agonistico e ha incluso anche
soprattutto a livello nazionale. Dal momento in cui Arrigo Sacchi lo ha chiamato per includerlo nel gruppo dei mondiali USA94, fino agli Europei del 2000 insieme a Dino Zoff e all’Europeo del 2016 in qualità di commissario tecnico. Il tecnico ha dichiarato: “Ho grande stima e ammirazione per Sacchi, che trasmetteva la sua passione per il calcio, mi piaceva questa voglia di aggiornarsi e di essere davanti agli altri”.
È stato un ottimo lavoratore che non lasciava nulla al caso. Sono tutte cose che ho cercato di gestire da solo. una persona ossessionata, ma per me l’ossessione del calcio è un bene. Conte ricorda la finale persa ai rigori contro il Brasile a Pasadena. Quando hai queste opportunità, devi essere consapevole del fatto che potresti non capitarti più e invece, quando sei giovane, non ci si pensa. Racconta: “Io pensai che abbiamo perso, ma capiterà un’altra volta”. Invece, quando giochi finali del genere con un club o con la nazione, devi sapere che potrebbe essere l’unico della tua vita, quindi devi essere forte e determinato a entrare nella storia perché, parliamoci chiaramente, nella storia ci rimangono solo le persone che vincono. Questa era la prima sconfitta significativa di quelle
macchiano la pelle. Il Brasile è rimasto nella storia, anche se molti non ricordano l’Italia come secondo. Poco dopo, il presidente Tavecchio ha chiamato inaspettatamente per proporgli la panchina azzurra.”Tavecchio era molto convinto e penso che quella sua perseveranza, quella determinazione nel volermi in nazionale, quel desiderio di realizzare quel matrimonio mi colpirono molto”, aggiunge sottolineando che “la nazionale ha bisogno dei suoi spazi, penso che le nazionali che alla fine vincono sono quelle che riescono a costruire una squadra”. Il ricordo della sua conferenza di addio a Montpellier alla fine dell’Europeo 2016 e le sue lacrime rimangono indelebili: Non solo è stato difficile separarmi da quei giocatori, ma anche da tutto l’ambiente in generale. La ricostruzione di Conte ci aveva aiutato a creare una vera famiglia.
È stata una nazione forte, ma questo è stato mantenuto in equilibrio dalla voglia di dimostrare che non eravamo inferiori agli altri. Avevo comunicato al presidente che volevo tornare ad allenare un club prima degli Europei a gennaio, e ad aprile ho firmato con il Chelsea. Sono convinto che non avrei mai e poi mai lasciato quel gruppo se non avessi firmato quel contratto e non avessi dovuto prendere una decisione in quel momento. Non me la sarei sentita perché c’era un rapporto troppo forte tra noi. Conte conclude dicendo: “Alla fine però tutti nella vita abbiamo un percorso. Sono andato via dalla Juventus e ho incontrato la nazionale che mi ha dato grandi emozioni, poi sono andato in Inghilterra e ho vinto la Premier League e la FA cup.” Intendiamo
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